Antibiotici, batteri resistenti e nuove linee guida
L’abuso ha consentito lo sviluppo di batteri sempre più resistenti. Pronte campagne informative e nuove linee guida
«Meno antibiotici ai bambini malati»
Le autorità sanitarie americane: troppe medicine, a volte è la pazienza la migliore terapia
ROMA - La febbre del piccolo sale e la mamma ansiosa non ci pensa due volte. Fruga nell’armadietto dei medicinali, scova dello sciroppo antibiotico, ne versa qualche goccia nel cucchiaino e lo propina al lamentoso figlioletto. Esempio da non seguire, eppure molto comune in Italia dove il fenomeno dell’uso improprio di farmaci contro i germi non cala . Negli Stati Uniti sono corsi ai ripari. I Centers of Disease Control di Atlanta, Cdc, hanno lanciato una campagna di informazione ai genitori.
Sui poster si vede una donna che coccola il bambino. Poi una scritta: «A volte la migliore terapia è la pazienza». Pazienza di aspettare che l’infezione passi così come è arrivata, senza ricorrere a terapie esagerate e controproducenti. L’abuso di antibiotici ha infatti generato la moltiplicazione di batteri resistenti a queste cure . Il risultato è che il 30% dei ceppi di streptococco, principale causa di polmonite, restano indifferenti a una delle classi di antibiotici più prescritte negli ultimi 5-6 anni, i macrolidi. C’è il rischio che un giorno infezioni anche banali non possano essere più curate.
PROGRESSI - Da qui la controffensiva delle autorità sanitarie americane. A campagne informative indirizzate a medici e pazienti si aggiungono delle linee guida. Si raccomanderà ai dottori di famiglia di prescrivere solo se necessario e di tenere sotto osservazione il giovane malato prima di passare, eventualmente, alla ricetta. «Stiamo notando dei progressi, i consumi calano - ha annunciato l’epidemiologo Richard Besser alla quarta conferenza internazionale sulle infezioni emergenti -. Ci aspettiamo un ulteriore declino». Tra il ’99 e il 2000 in Usa sono state distribuite 11 milioni di prescrizioni per l’otite media in bambini sotto i 15 anni. L’Europa e l’Italia hanno seguito il cattivo esempio degli americani. «Anche da noi sarebbero opportune delle linee guida - dice Marta Ciofi, Istituto superiore di sanità -. Abbiamo visto che molte volte la prescrizione di uno sciroppo è voluta dai genitori. Più è alto il livello culturale, minore è la richiesta». Spesso però è il medico che per non avere responsabilità dispensa la cura, magari per telefono, senza visita.
FAIDATE - In tanti ricorrono al fai-da-te e non esitano a svitare il tappo della medicina al primo comparire della febbre. Lo denuncia Francesco Chiodo, ordinario di malattie infettive all’università di Bologna, pediatra: «In Italia purtroppo l’antibiotico viene confuso da molte mamme come antifebbrile . Questo impiego inappropriato, unito al dosaggio errato, ha favorito la selezione di ceppi di batteri resistenti ad alcuni farmaci». Secondo Manuel Castello, presidente della nuova Accademia internazionale di pediatria che verrà presentata il 1° aprile, «l’antibiotico viene equiparato con superficialità all’aspirina . E la responsabilità è anche nostra. Dimentichiamo che sotto i 5 anni l’80% delle infezioni sono di origine virale, quindi non andrebbero curate con gli antibiotici che combattono i germi». Pochi e incompleti i dati italiani. Uno studio su bambini umbri di 0-14 anni mostra che il 90% hanno preso antibatterici almeno una volta. Un’indagine dell’Istituto superiore di sanità (schede raccolte da circa 2750 pediatri e 2500 genitori) rivela che il 60% delle visite (richieste soprattutto per infezioni alle vie respiratorie e otiti) si concludono con la prescrizione e che i farmaci più gettonati sono gli antibiotici, 33%. Le probabilità di uscire dallo studio con la ricetta in mano sono 4 volte più elevate se il medico avverte la pressione delle mamme. Chiodo consiglia di non essere precipitose: «Tenete sotto osservazione per due giorni il bambino con la febbre. Se continua a mostrarsi sofferente nonostante la temperatura sia calata con gli antipiretici chiamate il medico». Toccherà a lui distinguere tra forme virali e batteriche e, in quest’ultimo caso, scegliere il farmaco mirato.
Margherita De Bac
mdebac@corriere.it
5 marzo 2004
Fonte: Corriere.it