I semi della distrazione
di George Monbiot, The Guardian
Trovato su: Nuovi Mondi Media
La questione è semplicemente questa: volete che alcune multinazionali monopolizzino la fornitura mondiale di cibo? Sul distrarci da questa questione si concentra lo sforzo principale della propaganda dell'industria biotech che in Inghilterra ha ottenuto dal governo il via libera alla semina di culture geneticamente modificate sul suolo inglese.
La tecnica dell'ingegneria genetica permette alle multinazionali di assicurarsi che qualsiasi cosa noi mangiamo, sia di loro proprietà. Possono brevettare i semi e i processi che consentono di ottenerli. Possono fare in modo che le colture non si possano coltivare senza l'impiego dei loro fitofarmaci patentati. Possono impedire alle sementi di riprodursi. Acquisendo, e poi chiudendo, le aziende concorrenti possono ingabbiare il mercato alimentare, il più grande e il più diversificato di tutti i mercati. Nessuno, razionalmente, si augurerebbe tutto ciò, quindi le multinazionali devono persuaderci a focalizzarci su altro.
di George Monbiot, The Guardian
Trovato su: Nuovi Mondi Media
La questione è semplicemente questa: volete che alcune multinazionali monopolizzino la fornitura mondiale di cibo? Sul distrarci da questa questione si concentra lo sforzo principale della propaganda dell'industria biotech che in Inghilterra ha ottenuto dal governo il via libera alla semina di culture geneticamente modificate sul suolo inglese.
La tecnica dell'ingegneria genetica permette alle multinazionali di assicurarsi che qualsiasi cosa noi mangiamo, sia di loro proprietà. Possono brevettare i semi e i processi che consentono di ottenerli. Possono fare in modo che le colture non si possano coltivare senza l'impiego dei loro fitofarmaci patentati. Possono impedire alle sementi di riprodursi. Acquisendo, e poi chiudendo, le aziende concorrenti possono ingabbiare il mercato alimentare, il più grande e il più diversificato di tutti i mercati. Nessuno, razionalmente, si augurerebbe tutto ciò, quindi le multinazionali devono persuaderci a focalizzarci su altro.
All'inizio parlavano di migliorare la possibilità di scelta dei consumatori, ma, visto che la "carota" non funzionava, hanno optato per il "bastone". Ora ci dicono che se non sosteniamo lo spiegamento di colture geneticamente modificate in Gran Bretagna, la nostra scienza di base collasserà. E che, se in Europa ci rifiutiamo di mangiare alimenti geneticamente modificati, metteremo alla fame i paesi in via di sviluppo.
I due argomenti sono, per così dire, fantasiosi, ma questo conta poco ai fini della forza di persuasione nelle relazioni pubbliche. Quello che conta è di prolungare la discussione abbastanza a lungo da ottenere i necessari risultati. E questo significa recrutare personalità eminenti che ti sostengano.
Lo scorso ottobre, 114 scienziati, molti dei quali ricevono fondi dall'industria biotech, hanno inviato una lettera aperta al primo ministro inglese, asserendo che lo scarso entusiasmo britannico per le colture geneticamente modificate avrebbe "inibito la nostra capacità di contribuire alla conoscenza scientifica internazionale" (come scrivevano di recente numerosi scienziati in una lettera aperta all'onorevole Tony Blair). Gli scienziati specializzati in questo campo sarebbero stati costretti ad emigrare all'estero per lavorare.
Vi prego di perdonarmi se torno ad insistere su di un punto, che potreste aver già sentito: le colture geneticamente modificate non sono "scienza". Sono il prodotto tecnologico della scienza. Affermare, come hanno fatto Tony Blair e numerosi altri scienziati, che coloro che si oppongono agli OGM sono "contro la scienza" è come affermare che coloro che si oppongono alle armi chimiche sono "contro la chimica". Gli scienziati non hanno nessun obbligo particolare di difendere gli alimenti OGM più di quanto ne abbiano di difendere la produzione delle bambole Barbie. Questo non significa che i firmatari avessero torto nell'affermare che alcuni ricercatori, che hanno scelto di specializzarsi nella produzione di piante ingegnerizzate, stiano lasciando il paese per trovare lavoro altrove. Dato che il pubblico ha rifiutato quei prodotti, le aziende biotech hanno iniziato a ritirarli dal mercato inglese, e con loro anche i relativi finanziamenti. Ma se gli scienziati scelgono di legare la loro vita al mercato, possono solo aspettarsi di subire le conseguenze di quelle che sono le forze del mercato in gioco.
Coloro che hanno scritto a Tony Blair, invece, sembrano volere le due cose: finanziamenti commerciali, non influenzati da decisioni commerciali. A dire il vero, il contributo delle aziende biotech alla ricerca, in Gran Bretagna, è stato di poco conto. Le somme più ingenti provengono dal Governo. Il Consiglio per le ricerche delle scienze biologiche e la biotecnologia, per esempio, ha finanziato 26 progetti sulle colture geneticamente modificate e solo un progetto sull'agricoltura biologica. Se gli scienziati desiderano finanziamenti che non siano minacciati dalle preoccupazioni della pubblica opinione, dovrebbero chiedere di rovesciare questa logica. Ma quello degli uomini in camice bianco non è altro che un tentativo strappalacrime.
Una forma di ricatto emotivo molto più efficace è quella utilizzata la settimana scorsa da Lord Taverne, fondatore della società di consulenza Prima PR, sulle pagine del Guardian. "La più forte argomentazione in favore dello sviluppo delle colture OGM" egli scrisse "è il contributo che queste possono dare alla riduzione della povertà, della fame e delle malattie nel mondo". Non c'è dubbio che alcune colture OGM possano produrre raccolti più abbondanti di altre colture convenzionali, o che possano essere modificate per contenere maggiori nutrienti, sebbene entrambi questi sviluppi siano stati sovra-propagandati.
Due i progetti che sono stati citati dovunque: la patata dolce ingegnerizzata per resistere alle virosi, in Kenya, e il riso arricchito in vitamina A (golden rice). Il primo è naufragato da poco. Nonostante i 6 milioni di dollari forniti da Monsanto, Banca Mondiale e governo USA e un'interminabile campagna sulla stampa, i miglioramenti nella resistenza ai virus non si sono avuti, mentre le rese sono diminuite (come dimostra New Scientist, del 7 febbraio 2004). In Uganda, invece, appena al di là dei confini kenyoti, un programma di selezione convenzionale, molto più economico, ha quasi raddoppiato le rese per ettaro delle patate dolci. L'altro progetto (il golden rice), niente poco di più di un'idea, si sta rivelando non funzionante neppure in teoria: le persone malnutrite non sembrano in grado di poter assorbire la vitamina A in questa forma. Tuttavia, nulla di tutto questo ha impedito a Lord Taverne o a George Bush, o al Consiglio Bioetico, di citarli quali cure miracolose per combattere la fame nel mondo. Comunque, alcuni esperimenti di questo tipo riescono a migliorare sia le rese che il contenuto nutrizionale. Tuttavia, nonostante i migliori sforzi compiuti dai sostenitori dell'industria per confondere le due idee, questo non equivale a sfamare il mondo. Nel mondo c'è già un surplus di produzione alimentare, ma ciò nonostante esistono ancora popolazioni affamate. Sono affamate perché non possono permettersi di acquistare il cibo. E non possono farlo perché le fonti della ricchezza e i mezzi di produzione sono stati conquistati, e in alcuni casi monopolizzati, dai latifondisti e dalle multinazionali.
Il fine dell'industria biotech è quello di impossessarsi e monopolizzare le fonti della ricchezza e i mezzi di produzione. Da qualche parte, esistono governi o ricercatori privati disinteressati che producono colture GM senza brevettarle e senza che sia necessario usarle insieme a pesticidi patentati. Queste piante potrebbero effettivamente beneficiare i piccoli contadini dei paesi in via di sviluppo. Ma Lord Taverne e gli altri popagandisti cercano di persuaderci ad accettare un modello di sviluppo degli OGM caro alle imprese dei paesi ricchi, sperando che questo incoraggi l'altro modello a svilupparsi nei paesi poveri. In verità è difficile cogliere il nesso di interdipendenza tra la coltivazione di piante destinate all'alimentazione delle popolazioni locali nei paesi poveri, e le preferenze dei consumatori inglesi.
Al pari degli scienziati che hanno scritto al Primo Ministro, chi ricatta giocando sulle emozioni vorrebbe convincerci che le due cose vanno di pari passo: queste piante sono coltivate per sfamare le popolazioni che muoiono di fame, ma non le potranno mangiare a meno che, emmh.... non le esportino in Inghilterra. Questa è la verità costantemente trascurata a proposito delle colture GM: per la maggior parte non sono prodotte per nutrire la popolazione che le coltiva. In realtà non sono destinate a nutrire nessuna popolazione, ma ad alimentare il bestiame, la cui carne, il cui latte e le cui uova saranno venduti ai consumatori più ricchi nel pianeta. Il mais geneticamente modificato che il governo dovrebbe approvare oggi (come avvenuto, ndt) non fa eccezione.
Se nei prossimi trenta anni vivremo una crisi mondiale alimentare, sarà perché le terre arabili, che dovrebbero produrre cibo per gli uomini, avranno prodotto, invece, mangime per il bestiame. Alle multinazionali del biotech non interessa se la scienza prospera o se le popolazioni languono. Vogliono semplicemente fare profitti, denaro. Il modo migliore per fare denaro è controllare il mercato. Ma prima di riuscire a controllarlo, devono innanzi tutto convincerci che è qualcos'altro la posta in gioco.
Fonte: http://www.monbiot.com e The Guardian, 9 marzo 2004
Traduzione a cura di Luisa Villa
Tratto da "Granello di Sabbia - ATTAC -
I due argomenti sono, per così dire, fantasiosi, ma questo conta poco ai fini della forza di persuasione nelle relazioni pubbliche. Quello che conta è di prolungare la discussione abbastanza a lungo da ottenere i necessari risultati. E questo significa recrutare personalità eminenti che ti sostengano.
Lo scorso ottobre, 114 scienziati, molti dei quali ricevono fondi dall'industria biotech, hanno inviato una lettera aperta al primo ministro inglese, asserendo che lo scarso entusiasmo britannico per le colture geneticamente modificate avrebbe "inibito la nostra capacità di contribuire alla conoscenza scientifica internazionale" (come scrivevano di recente numerosi scienziati in una lettera aperta all'onorevole Tony Blair). Gli scienziati specializzati in questo campo sarebbero stati costretti ad emigrare all'estero per lavorare.
Vi prego di perdonarmi se torno ad insistere su di un punto, che potreste aver già sentito: le colture geneticamente modificate non sono "scienza". Sono il prodotto tecnologico della scienza. Affermare, come hanno fatto Tony Blair e numerosi altri scienziati, che coloro che si oppongono agli OGM sono "contro la scienza" è come affermare che coloro che si oppongono alle armi chimiche sono "contro la chimica". Gli scienziati non hanno nessun obbligo particolare di difendere gli alimenti OGM più di quanto ne abbiano di difendere la produzione delle bambole Barbie. Questo non significa che i firmatari avessero torto nell'affermare che alcuni ricercatori, che hanno scelto di specializzarsi nella produzione di piante ingegnerizzate, stiano lasciando il paese per trovare lavoro altrove. Dato che il pubblico ha rifiutato quei prodotti, le aziende biotech hanno iniziato a ritirarli dal mercato inglese, e con loro anche i relativi finanziamenti. Ma se gli scienziati scelgono di legare la loro vita al mercato, possono solo aspettarsi di subire le conseguenze di quelle che sono le forze del mercato in gioco.
Coloro che hanno scritto a Tony Blair, invece, sembrano volere le due cose: finanziamenti commerciali, non influenzati da decisioni commerciali. A dire il vero, il contributo delle aziende biotech alla ricerca, in Gran Bretagna, è stato di poco conto. Le somme più ingenti provengono dal Governo. Il Consiglio per le ricerche delle scienze biologiche e la biotecnologia, per esempio, ha finanziato 26 progetti sulle colture geneticamente modificate e solo un progetto sull'agricoltura biologica. Se gli scienziati desiderano finanziamenti che non siano minacciati dalle preoccupazioni della pubblica opinione, dovrebbero chiedere di rovesciare questa logica. Ma quello degli uomini in camice bianco non è altro che un tentativo strappalacrime.
Una forma di ricatto emotivo molto più efficace è quella utilizzata la settimana scorsa da Lord Taverne, fondatore della società di consulenza Prima PR, sulle pagine del Guardian. "La più forte argomentazione in favore dello sviluppo delle colture OGM" egli scrisse "è il contributo che queste possono dare alla riduzione della povertà, della fame e delle malattie nel mondo". Non c'è dubbio che alcune colture OGM possano produrre raccolti più abbondanti di altre colture convenzionali, o che possano essere modificate per contenere maggiori nutrienti, sebbene entrambi questi sviluppi siano stati sovra-propagandati.
Due i progetti che sono stati citati dovunque: la patata dolce ingegnerizzata per resistere alle virosi, in Kenya, e il riso arricchito in vitamina A (golden rice). Il primo è naufragato da poco. Nonostante i 6 milioni di dollari forniti da Monsanto, Banca Mondiale e governo USA e un'interminabile campagna sulla stampa, i miglioramenti nella resistenza ai virus non si sono avuti, mentre le rese sono diminuite (come dimostra New Scientist, del 7 febbraio 2004). In Uganda, invece, appena al di là dei confini kenyoti, un programma di selezione convenzionale, molto più economico, ha quasi raddoppiato le rese per ettaro delle patate dolci. L'altro progetto (il golden rice), niente poco di più di un'idea, si sta rivelando non funzionante neppure in teoria: le persone malnutrite non sembrano in grado di poter assorbire la vitamina A in questa forma. Tuttavia, nulla di tutto questo ha impedito a Lord Taverne o a George Bush, o al Consiglio Bioetico, di citarli quali cure miracolose per combattere la fame nel mondo. Comunque, alcuni esperimenti di questo tipo riescono a migliorare sia le rese che il contenuto nutrizionale. Tuttavia, nonostante i migliori sforzi compiuti dai sostenitori dell'industria per confondere le due idee, questo non equivale a sfamare il mondo. Nel mondo c'è già un surplus di produzione alimentare, ma ciò nonostante esistono ancora popolazioni affamate. Sono affamate perché non possono permettersi di acquistare il cibo. E non possono farlo perché le fonti della ricchezza e i mezzi di produzione sono stati conquistati, e in alcuni casi monopolizzati, dai latifondisti e dalle multinazionali.
Il fine dell'industria biotech è quello di impossessarsi e monopolizzare le fonti della ricchezza e i mezzi di produzione. Da qualche parte, esistono governi o ricercatori privati disinteressati che producono colture GM senza brevettarle e senza che sia necessario usarle insieme a pesticidi patentati. Queste piante potrebbero effettivamente beneficiare i piccoli contadini dei paesi in via di sviluppo. Ma Lord Taverne e gli altri popagandisti cercano di persuaderci ad accettare un modello di sviluppo degli OGM caro alle imprese dei paesi ricchi, sperando che questo incoraggi l'altro modello a svilupparsi nei paesi poveri. In verità è difficile cogliere il nesso di interdipendenza tra la coltivazione di piante destinate all'alimentazione delle popolazioni locali nei paesi poveri, e le preferenze dei consumatori inglesi.
Al pari degli scienziati che hanno scritto al Primo Ministro, chi ricatta giocando sulle emozioni vorrebbe convincerci che le due cose vanno di pari passo: queste piante sono coltivate per sfamare le popolazioni che muoiono di fame, ma non le potranno mangiare a meno che, emmh.... non le esportino in Inghilterra. Questa è la verità costantemente trascurata a proposito delle colture GM: per la maggior parte non sono prodotte per nutrire la popolazione che le coltiva. In realtà non sono destinate a nutrire nessuna popolazione, ma ad alimentare il bestiame, la cui carne, il cui latte e le cui uova saranno venduti ai consumatori più ricchi nel pianeta. Il mais geneticamente modificato che il governo dovrebbe approvare oggi (come avvenuto, ndt) non fa eccezione.
Se nei prossimi trenta anni vivremo una crisi mondiale alimentare, sarà perché le terre arabili, che dovrebbero produrre cibo per gli uomini, avranno prodotto, invece, mangime per il bestiame. Alle multinazionali del biotech non interessa se la scienza prospera o se le popolazioni languono. Vogliono semplicemente fare profitti, denaro. Il modo migliore per fare denaro è controllare il mercato. Ma prima di riuscire a controllarlo, devono innanzi tutto convincerci che è qualcos'altro la posta in gioco.
Fonte: http://www.monbiot.com e The Guardian, 9 marzo 2004
Traduzione a cura di Luisa Villa
Tratto da "Granello di Sabbia - ATTAC -