Il Giorno - del 12 Maggio 2001
Psicofarmaci ai pupi
di Elena Comelli
MILANO — Tom Sawyer preferiva nuotare nel Mississippi piuttosto che andare a scuola. Allora zia Polly lo mandava a letto senza cena, ma oggi per undici milioni di bambini americani (di cui almeno tre sotto i sei anni) la soluzione di questo problema si chiama Ritalin, la «pillola dell’obbedienza». Bandito 12 anni fa per la sua contiguità con le sostanze stupefacenti, il Ritalin torna in Italia con la benedizione del ministero della Sanità proprio quando negli Stati Uniti infuria la polemica sul suo uso e i suoi effetti.
La storia
Per essere un farmaco usato ormai da oltre mezzo secolo se ne sa sorprendentemente poco, così come sulle malattie che dovrebbe curare — il deficit di attenzione e l’iperattività, in inglese Adhd — che nei bambini spesso vanno accoppiate. Quando un bimbo non sta fermo un secondo, non risponde ai richiami, infastidisce i compagni all’asilo o a scuola, combina un guaio dietro l’altro e non riesce a concentrarsi è un tipico paziente che negli Usa, in Canada, Regno Unito, Francia e Germania verrebbe curato con il Ritalin. Il guaio è che la causa precisa di queste patologie non si è ancora scoperta: i ricercatori sospettano che siano collegate con una carenza di dopamina nel cervello, ipotesi supportata anche dal fatto che il Ritalin incrementa il livello di dopamina. Ma non ci sono prove inoppugnabili. Certo è che il metilfenidato (sostanza alla base del Ritalin) di solito funziona: uno psicotropo con effetti simili a quelli dell’anfetamina e della cocaina, nella maggior parte dei casi riduce la dirompente irrequietezza e la mancanza di concentrazione di molti bambini, riportando la pace in casa e in classe. Di converso, però, si sa che riduce l’appetito, provoca insonnia e può interferire, ritardandolo, con lo sviluppo fisico dei ragazzi. Negli Stati Uniti è in corso un processo collettivo in cui si accusa il Ritalin di aver causato gravi irregolarità cardiache e perfino il decesso di un bambina di 11 anni, morta d’infarto. Il problema più grave resta comunque l’abuso: nel giro di dieci anni la prescrizione del farmaco è decuplicata in Nord America, inducendo il sospetto che il Ritalin spesso venga usato dalle famiglie, dalle scuole e dai pediatri come una soluzione veloce per questioni che andrebbero più proficuamente affrontate con maggiori attenzioni in famiglia e con la psicoterapia.
I detrattori
Non a caso la reazione all’introduzione del Ritalin in Italia, approvata su pressione di diverse associazioni di pediatri dalla commissione unica del farmaco e destinata alla fascia A (con diritto al rimborso), è molto cauta. Il ministero della Sanità comunica che sarà prescritto solo dai medici specializzati e che comunque non sarà disponibile immediatamente: la Novartis, azienda produttrice, deve ancora comunicare il prezzo, che dovrà essere approvato dalla Corte dei Conti prima di andare nelle farmacie. «In Italia — mette le mani avanti il presidente della Società italiana di pediatria Franco Tancredi — si tratta di una patologia molto rara, che non supera la soglia dei 200-250 casi». «Il mio no è assoluto — rincara Giuseppe Dell’Acqua, direttore del Dipartimento di salute mentale di Trieste ed “erede” di Franco Basaglia — perché si vuole delegare a una pillola difficoltà in molti casi collegate a un fallimento familiare, sociale, di vita insomma». Favorevole, invece, il presidente della Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia Carlo Cianchetti: «Vi sono vari casi in cui il suo impiego è efficace».