Omeopatia: rilanciare il modello toscano
Bisogna difendere e rilanciare il modello toscano di cura con la medicina omeopatica e non convenzionale. Questo il messaggio lanciato dal presidente della IV Commissione (sanità), Fabio Roggiolani dei Verdi, assieme alla presidente nazionale della Siomi, la Società italiana di omeopatia e di medicina integrata
Bisogna difendere e rilanciare il modello toscano di cura con la medicina omeopatica e non convenzionale. Questo il messaggio lanciato dal presidente della IV Commissione (sanità), Fabio Roggiolani dei Verdi, assieme alla presidente nazionale della Siomi, la Società italiana di omeopatia e di medicina integrata. La difesa del modello toscano scaturisce dalle recenti polemiche nate a seguito di un articolo sulla rivista scientifica “The Lancet” e si basa sui dati, più che confortanti, che riguardano le sperimentazioni avviate nella nostra regione. La Regione Toscana, unica regione in Italia, ha aperto presso le varie Asl del territorio circa 60 ambulatori di medicina non convenzionale, riconoscendo la medicina omeopatica, l’agopuntura e la fitoterapia come medicine complementari, riconoscendo dunque che esse hanno abbastanza evidenza di efficacia da poter rappresentare una valida offerta terapeutica. Le visite specialistiche di medicina non convenzionale sono infatti inserite in un tariffario regionale, per cui si paga un ticket di 18 euro, così come per le altre visite di medicina tradizionale. Alcuni dati: in Italia sono 11 milioni i pazienti (circa il 23,5% per cento) che si curano con la medicina non convenzionale, 12.000 i medici italiani che utilizzano almeno un tipo di medicina alternativa, 8.000 le farmacie italiane con un reparto specializzato in prodotti omeopatici, 290 milioni di euro i soldi spesi ogni anno per comprare prodotti omeopatici. In Toscana la percentuale di coloro che ricorrono alle medicine alternative, ha spiegato Simonetta Bernardini, è sicuramente superiore, anche se gli ultimi dati a disposizione risalgono a un’indagine del 2001, quando risultò che la media dei toscani che credevano nell’omeopatia era più alta del 5% rispetto alla media degli italiani. La Toscana è all’avanguardia anche per quanto riguarda l’omeopatia veterinaria. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta sono in corso alcune sperimentazioni, promosse dalla Regione Toscana e affidate all’Arsia, all’Istituto zooprofilattico sperimentale e alla scuola omeopatica di Cortona. Le sperimentazioni sono state condotte su vacche da latte, pecore e conigli con lo scopo di verificare in maniera comparativa l’efficienza delle terapie convenzionali e di quelle omeopatiche, sia per quanto riguarda il miglioramento della produttività (soprattutto nel caso del latte), sia per l’incremento della fertilità. L’impiego delle medicine omeopatiche ha come conseguenza immediata la riduzione dell’impiego di sostanze chimiche che si trasferiscono in carne e latte, e dunque una maggiore sicurezza alimentare per l’uomo. I risultati preliminari hanno dimostrato che l’utilizzo delle medicine omeopatiche in veterinaria, accompagnato a un’accurata opera di prevenzione sanitaria, dà buonissimi risultati. Dopo l’approvazione nella scorsa legislatura da parte del Consiglio regionale, è inoltre adesso in cantiere la realizzazione, da parte dell’Istituto zooprofilattico, di un laboratorio di terapie alternative e tutela del benessere animale presso la sezione di Arezzo. Tutte esperienze che non solo vanno tutelate, ma valorizzate. “La Regione Toscana destina ogni anno 750 mila euro alla medicina non convenzionale – ha spiegato Fabio Roggiolani -. La scelta di operare un’integrazione fra i vari tipi di medicina si deve accompagnare al recupero di medicine non convenzionali tradizionali, come le cure idropiniche, cioè le cure con le acque, su cui bisogna ricominciare a puntare molto. Chiediamo alla Giunta regionale un impegno preciso in questo senso. La Toscana in questo ambito rappresenta una sorta di laboratorio nazionale e internazionale e i risultati qui raggiunti smentiscono automaticamente le affermazioni della rivista ‘The Lancet’”. La rivista scientifica, lo ricordiamo, ha recentemente pubblicato una ricerca dell’università di Berna, secondo la quale una sperimentazione incrociata dimostra che i farmaci omeopatici hanno un’efficacia solo illusoria, pari a quella dei placebo. “Bastano gli ottimi risultati raggiunti somministrando le cure omeopatiche agli animali – ha commentato Roggiolani – per i quali non si può certo invocare l’effetto placebo, per ridimensionare le affermazioni di ‘The Lancet’”. Simonetta Bernardini ha poi spiegato come il metodo usato per la ricerca pubblicata dalla rivista sia, peraltro, altamente discutibile. “Sono stati comparati – ha detto - 110 lavori di medicina convenzionale e 110 di medicina omeopatica, ma per motivi di affidabilità ne sono stati scartati 104 da un gruppo e 102 dall’altro. E’ quindi evidente che una ricerca basata su 14 lavori in tutto non è affidabile. La Toscana a questo punto, con la sua eccellenza nel campo delle medicine non convenzionali, può rappresentare una risposta all’estremo bisogno che c’è di una ricerca scientifica attendibile in questo campo. E noi lanciamo una sfida in questo senso: ricerche serie si possono fare solamente in strutture pubbliche, con il consenso del paziente informato e con la gratuità delle cure, non certo negli ambulatori privati”. (cem)