Le acque italiane contaminate da ben 119 pesticidi
(AMB) Apat: Le acque italiane contaminate da ben 119 pesticidi
Fonte: Il velino
Roma, 31 lug (Velino) - Sono 119 i diversi tipi di pesticidi rinvenuti nelle acque italiane, di cui 112 in quelle superficiali e 48 in quelle sotterranee. I prodotti fitosanitari utilizzati per la protezione delle piante essendo concepiti per combattere organismi nocivi per le produzioni agricole, risultano potenzialmente pericolose anche per l’uomo e gli esseri viventi in generale. Nel 2005, ultimo e più rappresentativo anno di indagini, i controlli hanno riguardato 3.574 punti di monitoraggio e 10.570 campioni, per complessive 282.774 misure analitiche. Nelle acque superficiali è stata riscontrata la presenza di residui in 485 punti di monitoraggio (47 per cento del totale), nel 27,9 per cento dei casi con concentrazioni superiori al limite stabilito per le acque potabili. Nelle acque sotterranee invece sono risultati contaminati 630 punti (24,8 per cento del totale), nel 7,7 per cento dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità. Gli erbicidi sono le sostanze largamente più rinvenute e la presenza, generalmente riscontrata, di miscele di sostanze (fino a dodici composti diversi) e le lacune conoscitive in relazione ai possibili effetti cumulativi impongono particolari cautele. Questo il quadro emerso nel Rapporto Apat sul piano nazionale di monitoraggio nelle acque italiane, coordinato nel triennio 2003-2005. “L’album dei dati ambientali nazionali si arricchisce di una nuova foto, vale a dire i risultati del monitoraggio della presenza dei prodotti fitosanitari nelle acque interne, sia superficiali che sotterranee - dice il Commissario straordinario dell’Apat Giancarlo Viglione -. L’attività è stata svolta in attuazione di un accordo Stato-Regioni del 2003, che dà seguito a una legge del 1995 e che affida all’Apat il compito di coordinare tale monitoraggio. Il lavoro ha coinvolto pienamente le Regioni, che hanno effettuato le misure secondo le nostre indicazioni trasmettendo poi i dati all’Agenzia. Il campione è vasto - continua Viglione -, e comprende più di 3500 punti di raccolta, 2500 per le acque sotterranee e mille per le acque superficiali. Sono stati prelevati oltre dieci mila campioni, sui quali sono state effettuate circa 280 mila analisi. Il nostro impegno è affinché il lavoro continui e possa essere esteso a tutte le regioni italiane, per avere un quadro sempre più preciso della situazione. Cercheremo quindi di rinnovare l’accordo Stato-Regioni, ora scaduto, da cui questa attività è nata”.
Per alcune sostanze la contaminazione è molto diffusa, interessa sia le acque superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni e prefigura la necessità di interventi di mitigazione dell’impatto. Tra queste gli erbicidi triazinici e alcuni loro prodotti di degradazione (metaboliti). Particolarmente critica è, infatti, la contaminazione da terbutilazina diffusa in tutta l’area padano-veneta ed evidenziata anche in alcune regioni del centro-sud: è risultata presente nel 51,5 per cento dei punti di campionamento delle acque superficiali (nel 29,2 per cento dei casi oltre il limite) e nel 16,1 per cento di quelli delle acque sotterranee (2,7 per cento dei casi oltre il limite). Ancora ampia (a distanza di un ventennio dal divieto) è la presenza di atrazina, residuo di una contaminazione storica imputabile al forte utilizzo fatto in passato e alla persistenza ambientale della sostanza. Rilevante è inoltre la contaminazione da metolaclor, largamente riscontrata in tutta l’area padana: è presente nel 33,3 per cento dei punti delle acque superficiali (19 per cento dei casi oltre il limite). Da segnalare anche la contaminazione dovuta ad alcuni erbicidi utilizzati nelle risaie: particolarmente significativa quella del bentazone nelle acque sotterranee, con l’11 per cento dei punti di campionamento in cui sono state rilevate concentrazioni superiori ai limiti di potabilità. “In Italia - commenta Roberto Mezzanotte, capo Dipartimento Apat - sono utilizzate annualmente 150 mila tonnellate di pesticidi, che contengono circa 400 diversi principi attivi. Esiste una sostanziale uniformità di contaminazione tra le zone in cui i rilevamenti sono avvenuti. Bisogna considerare che sostanze come l’atrazina, largamente utilizzata in passato, ma vietata ormai da molti anni, viene ancora oggi frequentemente rilevata, anche a livelli superiori ai limiti di potabilità. Si tratta, quindi - continua Mezzanotte -, di sostanze che hanno una forte persistenza: quelle che utilizziamo oggi resteranno nell’ambiente per decenni, sommandosi a quelle che utilizzeremo in futuro. Questa considerazione deve guidare nella lettura dei dati, che non può essere fatta pensando solo all’oggi. Il monitoraggio non è stato mirato specificamente alle acque potabili, per le quali esistono controlli specifici - conclude -. Tuttavia, il fatto che una parte delle acque monitorate abbia presentato un livello di contaminazione superiore alle soglie di potabilità significa aver limitato sin da ora l’utilizzabilità di una risorsa”.
Valido nel triennio 2003-2005, un accordo Stato-Regioni ha affidato all’Agenzia per la protezione dell’Ambiente e per i servizi tecnici il coordinamento del monitoraggio, consentendo di avviare la realizzazione di un sistema organico di controllo e di gestione dell’informazione su questo importante tema. In precedenza, infatti, i controlli, svolti dalle regioni, erano disomogenei, in particolare per quanto riguarda la scelta delle sostanze, spesso limitata a pochi composti non correlati agli usi agricoli. Il piano, riorientando le indagini sulle sostanze effettivamente utilizzate nel territorio e individuando le priorità in relazione ai potenziali rischi ambientali, ha posto le premesse per la razionalizzazione e l’armonizzazione dei programmi regionali di monitoraggio. A commentare positivamente gli sforzi compiuti dall’Apat nella stesura di questo importante rapporto sia il mondo politico che le associazioni ambientaliste che chiedono di proseguire il monitoraggio delle nostre acque superficiali e sotterranee per la salvaguardia dell’ambiente, delle risorse idriche e per la salute delle persone. “I dati diffusi dall’Apat sono preoccupanti, chiederò al Cipe un piano straordinario per la tutela delle acque - dice il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Alfonso Pecoraro Scanio -. L’Unione Europea, infatti, ci chiede esplicitamente con la direttiva 2000/60 di migliorare la qualità delle acque, non solo dei fiumi e dei laghi, ma anche sotterranee e costiere entro il 2015”.
Secondo il ministro ora occorre un’azione di monitoraggio delle acque di fiumi e laghi e di quelle sotterranee continuativa e forte, che coinvolga tutte le regioni. Le istituzioni devono collaborare nel tenere alti i livelli di attenzione rispetto alle contaminazioni delle nostre falde acquifere. “Proprio alla luce dei dati dell’Apat, che indicano la forte presenza di sostanze pesticide nelle nostre acque - conclude il ministro - l’Italia deve sostenere con forza la diffusione dell’agricoltura biologica che non fa ricorso ai pesticidi ed ai diserbanti che poi ritroviamo ad inquinare i nostri fiumi e nei nostri laghi. Sostenere il biologico, che è un’agricoltura pulita significa prevenire la contaminazione ambientale e salvaguardare la salute ed i diritti dei consumatori”. Anche la senatrice dei Verdi e capogruppo in Commissione Agricoltura Loredana De Petris plaude i risultati ottenuti dall’Apat e sprona l’agenzia a proseguire in tale direzione. “I dati dell’Apat indicano con chiarezza che il nostro paese deve procedere senza indugi sulla strada già intrapresa dell’agricoltura di qualità, un percorso che accomuna gli interessi dei cittadini-consumatori e degli imprenditori agricoli - dice la senatrice dei Verdi -. Fra il 1997 e il 2005 l’impiego di pesticidi nel nostro paese è diminuito del 6,4 per cento, un risultato positivo, riconducibile anche allo sviluppo dell’agricoltura biologica. Ma le risultanze del monitoraggio delle acque testimoniano che non bisogna abbassare la guardia e che maggiori risorse devono essere orientate alle misure agroambientali nei piani di sviluppo rurale delle regioni. I più esposti alle conseguenze dirette dei prodotti fitosanitari sulla salute - conclude la De Petris - sono proprio gli agricoltori. Dal recente studio diffuso nel 2006 dal Cnr si evince con chiarezza che l’esposizione ai pesticidi quadruplica il rischio di insorgenza di malattie degenerative ed in particolare del Parkinson, già riconosciuto dai tribunali francesi come malattia professionale”.
“È noto che i fitofarmaci usati in agricoltura, anche se in maniera ridotta rispetto al passato, si sedimentano nel terreno per lungo tempo e questo comporta inevitabilmente la contaminazione non solo delle acque ma anche dei prodotti agricoli - commenta Legambiente -. Negli ultimi anni anche se c’è stata una diminuzione dell’uso di pesticidi, sono emerse evidenze scientifiche dei danni all’ambiente e all’organismo umano causati dall’abuso o uso improprio dei fitofarmaci. L’indagine realizzata dall’Apat è dunque un’ulteriore conferma di quanto sia necessario, su questo tema, non abbassare la guardia e per questo ci auguriamo che l’accordo Stato- Regioni per il proseguimento del monitoraggio venga rinnovato”. Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente, “Pestici nel piatto”, che ha preso in esame 10.493 campioni di prodotti ortofrutticoli e derivati, nel corso del 2006, la frutta è più contaminata da fitofarmaci rispetto alle verdure. Solo la metà dei campioni di frutta (54 per cento), infatti, è risultata esente da residui di pesticidi, mentre i campioni decisamente irregolari si attestano sull’1,7 per cento. Ma anche il 20 per cento dei prodotti derivati risulta contaminato da uno o più principi attivi: un dato particolarmente significativo se si pensa che tra questi compaiono proprio quei prodotti tipici del made in Italy (come l’olio e il vino) e alcuni tra gli alimenti preferiti dai bambini come succhi di frutta e omogeneizzati. Oltre l’84 per cento delle verdure analizzate è risultato, invece, regolare e privo di residui chimici, mentre il 15 per cento presenta uno o più residui e l’1 per cento è proprio irregolare.
(Federica Martufi)