Il Castello costruito dall'AIDS (2)
Il presente articolo (questa è la seconda parte) tratta di abusi farmaceutici che avvengono in un orfanotrofio di New York. Il lavoro di investigazione e di scrittura di questo pezzo è stato svolto durante il periodo che va dall'estate all'inverno del 2003 e pubblicato nel Gennaio del 2004 e con successivi aggiornamenti occasionali. E' servito per gettare le basi per le investigazioni riportate nella pellicola della BBC "Guinea Pig Kids" che hanno portato alla successiva investigazione dell'Associated Press e altri articoli di punta del New York Times. Le indagini sono in corso.
Liam Scheff. E-mail: liamscheff@yahoo.com
Versione Inglese - http://www.altheal.org/toxicity/house.htm
Versione Francese - http://www.sidasante.com/journal/maison.htm
traduzione italiana a cura di Ivan Ingrillì (ivan.ingrilli @ gmail.com)
[continua da: Il castello construito dall'AIDS 1/2 ]
La dottoressa dell'ICC
Per confermare la storia di Mona, ho parlato con la dottoressa Katherine Painter, il direttore medico dell'ICC. Gli ho chiesto dei farmaci usati per il trattamento dell'AIDS, degli studi clinici e circa le operazioni allo stomaco dei bambini che non possono o non vogliono assumere i farmaci. La dott.ssa Painter mi ha detto che la sfida più grande che i bambini affrontano all'ICC non è la malattia, ma l'asservimento al loro regime farmaceutico. Mi ha anche confermato che ci sono "carichi e carichi di studi che vengono condotti sui bambini".
Per accedere ai file audio dell'intervista, cliccare qui.
LS: Di che cosa si occupa l'ICC
Dr. KP: L'ICC ha a che fare con bambini che hanno un quadro medico complesso ma che non hanno malattie acute, la cui assistenza medica offre maggiori sfide rispetto ad altri casi. Abbiamo in incremento rispetto agli anni passati che ha a che fare con l'aderenza ai trattamenti. Ci sono molti casi di bambini la cui affezione da HIV può essere ben controllata ma queste famiglie stanno avendo dei problemi con l'aderenza al regime medico dei bambini.
Quello che chiediamo ai famigliari e ai nostri pazienti in termini di aderenza è qualcosa che va oltre il 100% - Prendere tutte le loro medicine per tutto il tempo necessario, sia che le abbiano a portata di mano o meno, se il farmaco li far stare male o se stanno male per un altra malattia concomitante.
L'ICC e' affiliato con il Columbia Presbyterian. Facciamo da calamita per circa 6 ospedali di New York - Columbia Presbyterian, Harlem Hospital, New York Hospital, St. Luke 's / Roosevelt, King County e SUNY di Brooklyn. Riceviamo casi dalle cliniche in città che si occupano di HIV, nei cinque borghi e nella Westchester lungo l'isolta. La maggior parte delle cliniche si trovano in centri medici.
LS: L'ICC partecipa alle sperimentazione cliniche dei farmaci?
KP: Molte delle cliniche che fanno riferimento a noi stanno partecipando ai test clinici sui farmaci. I bambini che partecipano ai test clinici vengono sottoposti a monitoraggio, test e alla fornitura di un farmaco sperimentale attraverso i laboratori clinici e conduciamo i trattamente qui.
LS: Quando ho cercato nei database governativi gli studi clinici ho trovano tantissimi studi condotti sui bambini.
KP: Ci sono molti e molti studi che vengono condotti sui bambini.
LS: So' che le medicine sono molto difficile da prendere e hanno molti effetti indesiderati. Come fate a far prendere i farmaci ai bambini
KP: Uno dei problemi dei bambini è che non possono ingoiare grandi pillole. Molte medicine sono hanno dimensioni enormi e arrivano in pillole multiple. L'alternativa liquida o in polvere non sono appetibili. Hanno un notevole e persistente sapore amaro. Le mischiamo con uno sciroppo al gusto di cioccolato. Alcuni riescono ad prederlo, altri meno. In alcuni casi vengono meglio somministrati con un "tubo gastrico".
LS: Sarebbe il tubo nel naso o nello stomaco?
kp: E' il tubo nello stomaco. Il tubo nel naso è chiamato tubo naso-gastrico. E' utile per interventi di breve durata. Deve essere cambiato ogni settimana da una narica all'altra per evitare infezioni sinusali. Bisogna fare attenzione ogni volta che si somministra un medicamento o un'integrazione attraverso il tubo per essere certi che l'aria che stai spingendo sia nello stomaco e non nei polmoni, perchè può capitare che il tubo si sposti.
LS: Cos'e' un tubo gastrico?
KP: Un tubo gastrico passa da un piccolo foro dentro lo stomaco.
LS: Come mettete un tubo gastrico?
KP: Lo fa un chirurgo. Viene messo in sala operatoria, sotto anestesia. Il chirurgo passa un tubo endoscopico [ una videocamera a fibra ottica che passa per la gola] che gli permette di vedere all'interno dello stomaco. A questo punto il chirurgo inserisce chirurgicamente il tubo dall'esterno.
LS: Tagliando attraverso l'addome?
KP: Bene, certo, si sta effettivamente tagliando attraverso la pelle, la parete muscolare addominale e quindi nello stomaco. Questo crea un buco molto piccolo, circa un quarto di pollice. CI vogliono diverse settimane per guarire bene, è una questione un po' delicata. Un piccolo tubo viene inserito attraverso l'apertura o stoma. Dall'esterno si può connettere una siringa un tubo per l'alimentazione. L'apertura, che si estende per un pollice e mezzo dallo stomaco, può essere chiusa quando non è in uso [da un tappo di plastica]. Alcuni tipi vengono chiamati "bottoni".
Nell'interno dello stomaco c'e' un meccanismo che trattiene il tubo al suo posto chiamato "pallone", che viene riempito con dell'acqua nella misura in cui non può uscrire dal "stoma" [il buco nello stomaco].
LS: Quand'è che questo tipo di intervento è ritenuto necessario o opportuno?
KP: Quando gli altri interventi per aiutare i bambini a prendere le medicine per via orale è fallito.
DANA
Nel 2002, mentre Mona riprendeva con se Sean dall'ICC, i dottori decisero che Dana (la sorella di Sean) doveva essere sottoposta sotto farmaci per l'AIDS, anche se non era malata.
Mona: Vomitava costantemente. Nei successivi due mesi, ha cominciato ad avere dolori alla schiena e alla testa, che divenne così forte da doverla portare in sala emergenze.
Il Beth Israel diagnosticò la sindrome di Langerhans, che è una malattia infantile simile al cancro. Questa malattia colpisce le ossa e danneggiò una delle sue vertebre. Poteva essere trattata con la chemioterapia, ma ad un dosaggio più basso, molto poù basso ti un trattamento standard per il cancro.
Il Beth Israel sapeva dell'HIV di Dana. Mi dissero "La stiamo trasportando al Presbyterian per una nuova diagnosi. A causa dell'HIV ci potrebbe essere una possibilità di AIDS."
Così la portarono al Prebyterian dove i medici scrissero nella sua cartella dati - "Sindrome di Langerhans" ma aggiunsero, "con possibile associazione all'HIV". La sindrome di Langerhans non è una malattia associata alla definizione dell'AIDS. Non c'e' nessuna referenza in nessun dato medico scientifico che riguarda l'associazione tra Langerhans e l'HIV. Ma il Presbyterian definì tutto questo come AIDS e diedero a Dana una terapia chemioterapica ancora più forte paragonabile a quella di una persona adulta. Successivamente sostituirono la somministrazione con il Kaletra.
LS: Kaletra - il farmaco che causa il cancro approvato velocemente?
Mona: Esatto. Viene detto chiaramente dai produttori nel foglietto che il Ritonavir - uno degli ingredienti del Kaletra - prova il cancro nei test sugli animali e che i test che riguardano gli umani sono incompleti. Come si fa a dare ad una bambina con il cancro un farmaco che provoca il cancro?
Il Kaletra le causava sussulti e vomito. Avevano il timore che si sarebbe paralizzata se la schiena le se fosse spostata in qualche modo. Così le misero un tutore per sostenerla e tenerla ferma per continuare a somministrargli i farmaci. Le fecero la chemioterapia per tre mesi e il cancro era sparito. Non ce n'era più traccia ma le fecero altri tre mesi di chemioterapia comunque. Subito dopo la diagnosi di gennaio (2003) il Presbyterian chiamò l'ACS dicendo che io stavo mettendo in pericolo Dana non dandole i farmaci. Così l'ACS prese Dana dalla nostra casa e la portò all'ICC.
Siamo finiti in tribunale per riaverla. La dottoressa che curava Dana al Presbyterian ha dovuto testimoniare. Quando venne interrogata, sotto giuramento,elencò tutti gli effetti collaterali mortali dei farmaci, tutti. Lei sapeva esattamente cosa facevano questi farmaci. Il guidice gli chiese come facesse a far prendere quei farmaci ai bambini e lei rispose "Siamo come i Nazisti quando si tratta di obbedienza". Queste furono le sue parole.
Il Dipartimento della Sanità venne per tre settimane all'ICC per fare un controllo. Dichiararono che i bambini non potevano essere trattenuti quando non volevano prendere i farmaci. Dissero che i bambini non devono prendere i farmaci se non vogliono avendo il diritto legale di rifiutare i farmaci. Ma gli assistenti sociali e i medici dissero ai bambini "Certo potete rifiutare i farmaci, ma ci saranno delle conseguenze"
LS: Quale erano le conseguenze?
Mona: La chirurgia.
Oggi Dana è ancora all'ICC. Ha 16 anni. L'ACS stà cercando di inserirla in una casa adottiva, dove vivrà con uno sconosciuto pagato per darle i farmaci. Mona sta cercando di riportarla a casa. Nell'agosto del 2003, la fondazione Make-a-wish ha regalato una crociera Disney alle Bermuda. L'ACS ha ha detto a Dana che le non avrebbe dato il permesso di lasciare il paese e ha dovuto annullare il suo viaggio.
Il sangue di Sean viene sottoposto a controlli regolarmente per essere sicuri che stia prendendo i farmaci. E' stato sotto i farmaci per l'AIDS per tutta la vita. Pesa 51 libre ed è alto 4 piedi. Sean ora ha 13 anni.
Durante la nostra intervista la dottoressa Painter dell'ICC mi disse che c'erano delle buone notizie riguardo l'HIV: "l'HIV non è più una sentenza di morte, è una condizione cronica e gestibile," - se si prendono costantemente le medicine. Ma Jacklin Herger (vedere link "La storia dell'infermiera") and Mona Newberg hanno entrambe trattato con successo bambini affetti da AIDS senza l'ausilio dei farmaci per l'AIDS. Infatti, i loro bambini erano malati soprattutto quando prendevano i farmaci. La loro esperienza è valida? E' riproducibile? Secondo l'ICC la riposta è "SI'".
Dalla pubblicazioni dell'ICC "All'inizio dell'epidemia [AIDS] l'HIV nell'infanzia è stato considerato un percorso in discesa che porta alla morte. Ma alla fine degli anni '80, prima che l'AZT fosse disponibile, molti bambini gravemente malati ammessi all'ICC sono drasticamente migliorati grazie ad un nutrimento adeguato e un'alta qualità medica ed infermieristica."
ICC ha trattavo con successo molti pazienti pediatrici senza l'utilizzo di farmaci tossici. Questa rivelazione sorprendente riporta alla mente una serie di domande: i farmaci sono necessari? Perché li stiamo utilizzando se ci sono alternative migliori? E ...
Cosa sappiamo realmente dell'HIV?
Nel luglio del 2003 lo stimato giornale scientifico Nature Medicine ha pubblicato un articolo dal titolo "La Patogenesi dell'HIV-1" del ricercatore Mario Stevenson dell'Università del Massachusetts Medical Shool. L'articolo era parte del suo "20 anni di Scienza sull'Aids" edizione speciale (6).
Dall'introduzione:
"Nonostante i considerevoli progressi della scienza sull'HIV negli ultimi 20 anni, il motivo per la quale l'HIV-1 sia patogeno viene ancora dibattuto... sono stati fatti notevoli sforzi per identificare i meccanismi attraverso il quale l'HIV-1 sia causa di malattia e le ipotesi principali portate avanti sono due".
Secondo Stevenson, 20 anni e 118 miliardi di dollari investiti nella ricerca sull'AIDS ("notevoli sforzi"), non hanno fornito nessuna prova certa di come l'HIV possa causare una malattia ("i meccanismi" per il quale l'HIV si presuma sia un "agente patogeno"). Mentre viene sempre sostenuto si ha la prova certa l'HIV sia la causa della malattia, Stevenson dedica la maggior parte del suo articolo ad elencare quelle che lui descrive come "le due ipotesi principali" che tentano di spiegare come l'HIV potrebbe agire.
Nella scienza una "ipotesi" è un'idea o una proposta su come qualcosa potrebbe funzionare. Un'ipotesi non è un fatto, è una supposizione che uno scienziato cerca di dimostrare come accurata e veritiera. Se l'ipotesi fallisce questa viene scartata, in maniera che nuove e più accurate idee possano essere ascoltate.
Nel suo articolo Stevenson spiega che noi non sappiamo come l'HIV potrebbe danneggiare, per non dire uccidere, le cellule, "... è discutibile che il danno dei linfociti [i globuli bianchi] sia causato dall'uccisione diretta delle cellule infette..." e noi non abbiamo idea di come l'HIV influisca sul sistema immunitario, "... i processi che contribuisco ad una attivazione immunitaria nell'infezione da HIV-1 non sono stati ancora ben compresi...". Le ipotesi riguardo l'HIV asseriscono con decisione che il virus uccide le cellule T, ma Stevenson ci racconta che le fondamenta di questa asserzione vengono ancora dibattute.
Stevenson conclude lo studio riturando al tema principale - la vastità di incognite che riguardano la scienza dell'AIDS:
"C'e' un generale fraintendimento sul fatto che si sappia di più sul virus dell'HIV-1 che su qualsiasi altro tipo di virus e che tutte le questioni importanti in materia di HIV-1, come la biologia e la patogenesi, siano state risolte. Al contrario, quello che conosciamo è solamente una patina sottile rispetto a quello di cui avremmo bisogno di conoscere".
Stevenson ci rivela che dopo 20 anni di ricerca tra le varie ipotesi riguardo l'HIV conosciamo solamente "una patina sottile" sulla "biologia e patogenesi" dell'HIV, di come l'HIV potrebbe sembrare, potrebbe funzionare, e anche su come - e quindi se - sia responsabile della malattia chiamata AIDS. Ci è stato detto che è così, eppure secondo Stevenson e "Nature Medicine" non ne abbiamo le prove.
Seguendo la legge del "Primo non nuocere", se non sappiamo come funziona una molecola (HIV o qualsiasi altra), non c'e' nessuna etica nel sottoporre a trattamento medico una persona presunta HIV positiva, con farmaci straordinariamente tossici, spesso mortali, che gli stessi produttori ammettono di non curare l'AIDS.
Oltre la loro lunga lista di seri e potenzialmente mortali effetti collaterali, tutte le maggiori produttrici di farmaci anti AIDS recano una versione stampata di questo avviso:
"Questo farmaco non cura la tua infezione da HIV... I pazienti trattati con terapia antiretrovirale possono sviluppare infezioni occasionali o altre complicazioni dovuta all'HIV... I pazienti devono essere avvertiti che gli effetti a lungo termine non sono conosciuti in questo momento"
COSA MISURA IL TEST DELL'HIV?
Quando viene eseguito il test dell'Hiv, il tuo sangue non viene testata la ripresenta di un virus, viene testata la presenze naturale degli anticorpi che reagiscono alla proteine contenute nel test per l'HIV. Queste proteine vengono ritenute presenti a causa dell'HIV.
Affinchè un test di anticorpi sia clinicamente significativo le sue proteine dovrebbero rappresentare accuratamente le proteine di uno specifico virus o di una particella.
Ma le proteine del test dell'HIV non derivano da particelle virali purificate ma piuttosto da una varietà di culture di anticorpi di cellule affette da leucemia o da una produzione sintetica. Uno studio sulla Biotecnologia del 1993 offre un'analisi della natura delle proteine del test dell'HIV e conclude che le proteine utilizzate nei test per l'HIV sono abbastanza comuni (16).
http://www.virusmyth.net/aids/data/epwbtest.htm
Una mancanza di specificità delle proteine utilizzate nel test si traduce logicamente in una mancanza di specificità di reazione del test, ma questo non viene mai raccontato pubblicamente in una discussione a riguardo. Tuttavia, la letteratura medico-scientifica che riguarda il test dell'HIV ne mette in seria discussione l'accuratezza e l'effettiva utilità. Una completa e aggiornata lista di citazioni sul test può essere reperita in questo sito: http://www.aras.ab.ca/test.html
Tutte le ricerche mediche possono essere messe in discussione e contestate. Ma ci sono considerevoli prove che le presunte proteine utilizzate nel test dell'HIV siano comunemente presenti sia nelle persone sane che malate. Purtroppo la comunità scientifica ha la tendenza a punire il dissenso e il dibattito sui paradigmi popolari e redditizi come il cancro e la ricerca sull'AIDS. (Per un'introduzione al problema della rigidità di una scienza imperfetta ma proficua date un'occhiata a "The Cancer Industry" del Dr. Ralph Moss - http://www.ralphmoss.com/html/books.shtml
Che significa HIV positivo?
Il test dell'HIV misura la risposta immunitaria a queste proteine. Noi produciamo "anticorpi" per tutte le sostanze estranee che incontriamo - germi, lieviti, funghi, batteri, inquinanti, compreso il cibo. Gli anticorpi sono proteine che vengono prodotti dai nostri globuli bianchi che ci aiutano ad identificare le molecole estranee ne nostro sangue. Si aggrappano a queste proteine estranee in maniera che possano metabolizzate in maniera sicura.
Gli anticorpi possono avere reazioni multiple. Possono, cioè, afferrare una ampia varietà di proteine. Le proteine del test dell'HIV sono comunemente presenti e hanno mostrato reazioni multiple con un'ampia varietà di anticorpi. Data la non specificità delle proteine del test e la grande quantità di reazioni possibili, ne dovrebbe conseguire in maniera del tutto logica che la reazione al test HIV non è da considerare specifica. Viene tuttavia utilizzato comunque come strumento diagnostico specifico.
A cosa reagisce il test dell'HIV?
Secondo la letteratura medica, il test dell'HIV può reagire con gli anticorpi prodotti da circa 70 malattie (e non malattie). Inclusa le infezioni da lieviti (candida?) l'artrite, l'epatite, herpes, infezioni parassitarie, abuso di droghe, tubercolosi, vaccini, raffreddori e gravidanze passate (1,3). Il Test dell'HIV reagisce positivamente anche quelle persone che sono esposte cronicamente a degli agenti ambientali inquinanti, batteri, funghi, parassiti e tossine (per esempio le persone che vivono in povertà senza cibo sufficiente e acqua potabile come in Africa).
Se rientrate in qualsiasi di queste casistiche è possibile che il vostro corpo produca anticorpi che possono risultare positivi al test dell'HIV.
Sulla base di una vasta revisione della letteratura medica riguardante il test dell'HIV, la terminologia HIV positivo potrebbe essere vista come un termine non dibattibile: "Anticorpi non specifici positivi a proteine comunemente rintracciabili". Un risultato positivo al test dell'HIV può aiutare ad identificare dei pazienti con un'alta presenza di anticorpi nel loro sangue. Questo potrebbe significare un'alta esposizione temporale alle malattie, che potrebbe servire come allarme per aiutare il proprio sistema immunitario aumentando la salute generale. Ma un risultato positivo al test dell'HIV non sembra essere in grado di diagnosticare con certezza la presenza di una condizione o di un virus mortale.
Tutto questo e' ovviamente molto diverso da quello che è stato detto sul test dell'HIV per 20 anni. Ma l'FDA e i produttori del test sono obbligati dalla legge ad indicare i limiti dei loro test. (Le avvertenze sulla confezione del Test dell'HIV):
- "Al momento non esiste uno standard riconosciuto per stabilire la presenza o l'assenza degli anticorpi dell'HIV-1 nel sangue umano". (Abbott Laboratories HIV Test - ELA)
- "Il rischio che una persona asintomatica con un siero ripetutamente reattivo sviluppi l'AIDS o condizioni relative all'AIDS non è conosciuto (Genetic Systems HIV Test - Peptide EIA)
- "il test AMPLICOR HIV-1 MONITOR non è destinato ad essere usato come screening per l'HIV o come test diagnostico per confermare la presenza del infezione da HIV" (Roche, Amplicor HIV Test - PCR)
- "Non usare questo kit come unica base diagnostica per l'infezione da HIV-1" (Epitope, Inc HIV Test - Western Blot)
- "[I risultati positivi possono verificarsi a causa di] prima gravidanza, trasfusioni di sangue e altre potenziali reazioni aspecifiche". [Vironostika HIV Test, 2003]
La letteratura medica è molto chiara in merito alla mancanza di specificità nel test dell'HIV:
- I falsi positivi del test (degli anticorpi) ELISA possono essere causati da trasfusioni, trapianti, gravidanza, malattie autoimmuni, tumori, cirrosi epatica o per altri motivi poco chiari... La WB (il test Western Blot] non viene utilizzato come strumento di screening perché produce una percentuale di falsi positivi eccessivamente elevata". Doran TI, Parra E. Falsi Positivi e Risultati indeterminati di immunodeficenza nei Test delle donne incinta. Archives of Family Medicine. 2000 Settembre / Ottobre; 9:924-9
- "Falsi positivi del test ELISA sono stati osservati con il siero di pazienti con una varietà di condizioni mediche non correlate all'infezio e da HIV... I falsi positivi del test ELISA si verificano [anche] a causa di errori umani e/o tecnici associati allo svolgimento del test o a causa di anticorpi che casualmente reagiscono con il l'HIV o altre componenti non virali del test... Notable causes of false-positive reactions have been anti-HLA-DR antibodies that sometimes occur in multiparous [pregnant more than once] women and in multiply transfused patients. In maniera analoga è stato dimostrato che gli anticorpi che reagiscono alle proteine di altri virus reagiscono anche al test dell'HIV. Recentemente i falsi positivi del test ELISA sono stati registrati anche nelle persone che hanno ricevuto un vaccino per l'influenza o l'epatite B". Proffitt MR, Yen-Lieberman B. Laboratorio di diagnosi di infezione da virus dell'immunodeficienza umana. Inf Dis Clin North Am. 1993; 7:203-19.
Indipendentemente dagli avvisi ammonitori dell'FDA e da quello che afferma la ricerca clinica, questi test vengono utilizzati per dire alla gente sono stati infettati da un virus mortale.
I produttori dei test sono consapevoli che i falsi positivi del test dell'HIV possono verificarsi in caso di "prima gravidanza, trasfusioni di sangue... altre reazioni non specifiche", "vaccini", "errori umani o tecnici", "trasfusioni, trapianti, gravidanza, malattie autoimmuni, tumori maligni, cirrosi epatica o altri motivi poco chiari". Dato tutte queste possibilità di reazione...
Come facciamo a sapere realmente chi è HIV positivo?
La risposta a questa domanda compete più alla sociologia che alla scienza. Tecnici di lavoratori, medici e infermieri vengono istruiti dai produttori dei test per determinare la positività in maniera soggettiva, sulla base di criteri socio-economici e sessuali.
Il Test dell'HIV ha due nomi differenti per reazioni simili o identiche: "non specifico" e "specifico". Una reazione "non specifica" (HIV negativo o indeterminato) è la diagnosi attribuita alle persone che rientrano in un "gruppo a basso rischio". Una "reazione specifica" (HIV positivo) è una diagnosi di persone che rientrano in un "gruppo ad altro rischio".
Discriminazioni Economico sociali e sessuali del Test per l'HIV:
Quali sono le persone appartenenti a questi gruppi? Nel "gruppo ad alto rischio", secondo i produttori del test, ci sono i "detenuti, i malati di malattie sessualmente trasmissibili, i pazienti ospedalieri e dei pronto soccorsi delle zone periferiche, gli omosessuali e gli utilizzatori di droghe introvenose". Il "gruppo a basso rischio" non è ben definito ma è presumibile che gli appartenenti siano quelle persone che sono al di fuori di situazioni di eccessivo stress riguardo la propria situazione sociale, etnica ed economica.
Le persone che fanno parte del "gruppo ad alto rischio", avranno una reazione immunitaria che sarà probabilmente considerata "specifica" (HIV positivo). Tuttavia, i produttori, per quanto riguarda il "gruppo a basso rischio" affermano che le reazioni aspecifiche (HIV negativo) possono essere più comuni di quelle specifiche (HIV positivo). (Vironostika HIV Test, 2003). "
Cosa rende una reazione "aspecifica" (HIV negativo) più comune [più probabile] di una "specifica" (HIV positivo) nel nel "gruppo a basso rischio"?
Cosa rende una reazione "specifica" "più comune" nel "gruppo ad altro rischio"?
La risposta a questa domanda sarà differente da test a test, da un laboratorio all'altro, da nazione a nazione. Non esiste uno standard per quel che significa "HIV positivo".
- "Al momento non esiste uno standard riconosciuto per stabilire la presenza o l'assenza degli anticorpi dell'HIV-1 nel sangue umano". (Abbott Laboratories HIV Test - ELA)
E' altamente immorale ritenere che due identiche reazioni significhino due cose differenti, basandosi su fattori socio-economici e preferenze sessuali, ma sembre che sia quello che sta quotidianamente accadendo nei laboratori dove si effettuano i test per l'HIV.
Data l'interpretazione soggettiva e variabile del test dell'HIV, quanto sono efficaci nel prestabilire la malattia? La letteratura medica risponde chiaramente:
- "La maggior parte dei pazienti (dal 68 al 89%) che appartengono ai gruppi a basso rischio che risultano positivi al test sono in realtà dei falsi positivi... Il risultato "positivo" del test ELISA varia dal 2 al 99%... Il Western blot non rispetta gli standard, è scomodo ed è facile a interpretazioni soggettive a seconda dell'appartenenza". Steckelberg JM, Cockerill F. test sierologico per anticorpi contro il virus dell'immunodeficienza umana. Mayo Clin Proc. 1988; 63:373-9.
- "Nelle fasce a bassa prevalenza (di infezione) le previsioni [del test dell'HIV] erano dell'11,1%, mentre nelle popolazioni con un'infezione conosciuta dell'HIV, le previsioni erano del 97,1%". Abbott Laboratories. HIV Antibody Test. April, 1996.
Il test dell'HIV viene creduto sicuro in un range che va dal 2% al 99%, a seconda dell'interpetazione soggettiva del tuo "gruppo di rischio", fatta da qualcuno che leggerà i risultati del test.
Il risultato della mancanza di questi standard medici è che se sei nero, ispanico, povero, drogato, sei stato in carcere, sei omosessuale o incinta potrai avere un risultato "aspecifico" che diverrà, in sostanza, una sentenza sulla tua stessa vita. Potresti essere messo sotto terapia di farmaci tossici e ti potrebbero portarti via i tuoi figli e fargli fare la tua stessa fine.
I test che sono stati utilizzati per Sean, Dana, Elaine e Liz (vedi "Il racconto dell'infermiera"), così come quelli utilizzati per migliaia di persone in tutto il mondo, non ci dicono nulla di loro che non si possa raccontare semplicemente ascoltando le storie delle loro vite: sono persone povere, di colore e razza ispanica, hanno fatto uso di droghe e sono stati esposti ad agenti stressogeni e malattie.
Ma anche assumendo che una reazione aspecifica degli anticorpi rappresenti effettivamente un virus c'e' ancora un problema. Nessuno è in grado di stabilire con certezza come funzioni il virus dell'HIV. Come Stevenson sottolinea su Nature, nessuno ha dimostrato come l'HIV agisce e infetti le cellule, figuriamoci come questo causi la malattia e se lo realmente lo faccia. Le ipotesi dichiarano che l'HIV sia il principale agente responsabile dell'AIDS, ma sostanzialmente devono ancora dimostrare che l'AIDS sia una malattia con un'unica causa.
Nel frattempo le note dei ricercatori che hanno postulato modelli alternativi della malattia che spiegano con successo la soppressione immunitaria che si verifica nei pazienti affetti da AIDS, vengono attaccati ed etichettati come dissidenti dalla posizione dominante e vengono tenuti fuori dalla discussione medica. E così , per chi è interessato a comprendere e curare l'AIDS, nonostante i "notevoli sforzi", sono permesse solo "due ipotesi principali".
Stevenson conclude il suo articolo sul "Nature" riconoscendo quanto poco si sappia circa l'HiV. "Quello di cui siamo a conoscenza è solo una sottile patina sulla superficie...". Ma come la maggior parte dei ricercatori che si dedicano all'AIDS, rimane attaccato alle ipotesi sbagliate. Al fine di comprendere meglio l'HIV, Stevenson scrive: "un tollerato, piccolo modello animale potrebbe essere lo strumento chiave sperimentale."
I ricercatori nel campo dell'AIDS nonostante non sono riusciti a dimostrare delle ipotesi accurate rispetto all'HIV, si sono aggrappati ostinatamente ad esso per 20 anni, prescrivendo farmaci estremamente tossici ai pazienti, nonostante la ben documentata inaccuratezza del test per l'HIV. Secondo Stevenson non sono stati conodotti appropriati esperimenti sugli animali prima di infliggere prodotti farmaceutici tossici alla popolazione in generale.
Ma questo non sembra preoccupare la NIAID, l'Istituto Sanitario Nazionale (NIH), la Genentech, la Glaxo, la Pfizer, l'Harlem Hospital, il Beth Israele, il Columbia Presbyterian o gli ospedali di New York che forniscono bambini all'ICC. Loro non hanno bisogno di sperimentazione animale. Fanno i loro esperimenti direttamente sui bambini.
Postfazione
Il trattamento dei pazienti presso l'ICC viola attualmente tutti gli standard etici per gli esperimenti medici stabiliti dai tribunali internazionali dopo la seconda guerra mondiale.
- I bambini dell'ICC vengono coinvolti nelle sperimentazioni di farmaci a loro insaputa
- E senza il consenso dei loro genitori o dei tutori.
- Gli esperimenti non sono né sicuri né necessari
- I farmaci utilizzati sono conosciuti per causare invalidità e morte
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