Vaccini, non c'è una verità
Illustre Direttore, ho letto nel Suo giornale dello scorso 3 luglio l’interessante presa di posizione del Dr. Dino Pedrotti (“Vaccini tra libertà e salute pubblica”) e La ringrazio per lo spazio che Lei offre tra le Sue pagine a questo Dibattito che da molti anni accende gli animi dei medici e sta inquietando i giorni e le notti di molti genitori. Se il dibattito esiste anche nel mondo scientifico specialistico, significa sicuramente che la verità non è stata ancora individuata: hanno ragione quelli che vaccinerebbero ad oltranza e che, come il Dr. Pedrotti, si dimostrano indignati perché i non-vaccinatori si permettono di alzare qualche dubbio, oppure hanno ragione coloro che non accettano le vaccinazioni di massa obbligatorie per tutti e quindi condotte senza alcuna personalizzazione, come è il caso dell’Associazione “Vaccinare Informati” che in Trentino Alto Adige pare essere molto numerosa e apprezzata?
Personalmente, da farmacologo e tossicologo, convinto della bontà dei vaccini fino agli anni ’90 e poi diventato molto più prudente a causa dei molti danni vaccinali che ho visto studiando approfonditamente i bambini vaccinati, avrei qualcosa da dire al Dr. Pedrotti. Lo capisco benissimo quando mi parla dei 2-3 casi all’anno che lui vedeva di patologie che potevano essere evitate dalle vaccinazioni negli anni ‘60-’70, in cui la pratica vaccinale era ancora agli inizi. Il problema però è che non siamo più in quegli anni! Oggi la situazione è radicalmente cambiata: l’igiene di vita in cui vengono allevati attualmente i bambini è nettamente migliore e i loro genitori sono più scaltri, più consapevoli e più informati sulle misure preventive e quindi sono molto più attenti alle cure dei loro figli. Infatti, un editoriale di una importante rivista internazionale di pediatria scriveva nel 1999: “Nella storia, la maggior diminuzione della morbilità e mortalità causate dalle malattie infettive non è stata merito dei moderni antibiotici o dei vaccini, ma dell’introduzione dell’acqua pulita e delle fognature” (Editorial. Zinc, diarrhea and pneumonia. J. Pediatr. 135 (6): 66; 1999). Anche un noto epidemiologo svizzero, che aveva studiato l’evoluzione nel suo Paese della mortalità dovuta alle maggiori malattie infettive da quando erano state registrate le cause di morte, ha scritto: “La mortalità dovuta a tbc, difterite, scarlattina, pertosse, morbillo, tifo, febbre puerperale e gastroenterite infantile iniziò a ridursi molto prima dell’introduzione dei vaccini e degli antibiotici e questo declino è stato dalle migliorate condizioni di vita: miglioramento quali-quantitativo del cibo, migliore igiene pubblica e personale, migliori condizioni di vita domestica e lavorativa, migliore istruzione” (Gubéran E. Tendances de la mortelité en Suisse. Shweiz. Med. Wschr 110: 574; 1980).
Questi sono dati epidemiologici non discutibili, ma non è neppure discutibile che anche i vaccini hanno contribuito a ridurre la morbilità (casi di malattia) e la mortalità della popolazione agendo proprio nei gruppi di bambini più deboli e quindi che da soli forse non sarebbero stati capaci ad affrontare l’attacco delle patologie infettive pediatriche. Quindi, i vaccini sono sicuramente utili ma, come tutti i farmaci (a cui pure essi appartengono) hanno certamente delle indicazioni, ma anche delle controindicazioni e delle non indicazioni. È per questo che il Dr. Pedrotti sbaglia sicuramente quando innalza la bandiera dei “Vaccini obbligatori per tutti”, perché oggi, in un Paese industrializzato e costituito da giovani genitori ben svegli, consapevoli e informati, non possiamo proporre campagne di vaccinazioni di massa, perché così facendo salveremo i bambini che avevano bisogno della vaccinazione, ma causeremo dei danni ai bambini che non ne avevano bisogno e che dal vaccino sono stati immunologicamente squilibrati (perché vaccinati troppo precocemente e cioè quando il loro sistema immunitario era totalmente impreparato a gestire tanti antigeni insieme direttamente e improvvisamente a livello sistemico).
Non mancano le segnalazioni di danni vaccinali gravi. Non mi riferisco solo al recentissimo caso di Ragusa del neonato di 2 mesi morto dopo la somministrazione del vaccino esavalente + antipneumococcico, ma mi riferisco anche ai molti casi riportati in letteratura ( di cui posso fornire tutta la bibliografia) I dati USA affermano, infatti, che la vaccinosorveglianza è molto carente e i dati che essa riporta sono circa circa 100-1000 volte inferiori ai dati reali (cfr. i numerosi documenti del VAERS). Il Dr. Pedrotti dice di non accettare “discussioni sui numeri, tutti a favore dei vaccini” e che “dove non si vaccina tornano la difterite (in Russia negli anni ‘90) e la polio (in Siria nel 2014)”. In realtà sui numeri tutti a favore dei vaccini si può discutere molto, dato che i casi difterite degli anni ’90 in Siberia erano stati causati da “profondi sovvertimenti del sistema sanitario” a causa di una grave crisi economica e lo stesso è accaduto un anno fa e continua ad accadere in Siria (a causa della guerra) ed è accaduto in Indonesia con il maremoto del 2006: il sito dell’OMS ha riportato epidemie di poliomielite (che hanno colpito anche i vaccinati e nonostante le coperture vaccinali fossero molto elevate in tutta l’Indonesia) dopo che il maremoto aveva distrutto le forniture di acqua potabile, le fognature e più in generale le più basilari condizioni di igiene di vita. È palese che in tutte queste condizioni possono tornare le malattie infettive e che queste colpiranno i soggetti più deboli, ma la causa non è tanto la non vaccinazione, bensì le scadenti condizioni igieniche!
Il Dr. Pedrotti si preoccupa anche che la percentuale dei vaccinati non scenda troppo, perché è convinto, come si riteneva una volta, che se i vaccinati sono meno del 95% del totale ritorneranno le epidemie del passato. Il Collega dovrebbe sapere che oggi questo “dogma” è stato superato e che non viene più usato dagli epidemiologi. Infatti, basta leggere i comunicati ufficiali dell’OMS per quanto riguarda l’Europa per vedere che l’Austria ha coperture vaccinali complessive del 76-83% e l’Ucraina addirittura poco più del 50%, ma non hanno epidemie di difterite, polio, epatite …. e ovviamente neppure casi di tetano pediatrico (anche se quest’ultimo è un vaccino che andrebbe considerato nei bambini con età superiore ai 2-3 anni) [Qui].
Però il Dr. Pedrotti mi trova totalmente d’accordo quando dice che l’igiene è la prevenzione primaria e quando riconosce che “le famiglie dei non vaccinati seguono regole e stili di vita più sani e sobri”. Infatti, è proprio questo il punto principale: la nostra primaria preoccupazione di medici non dovrebbe essere quella di proteggere i bambini verso 8-10 o più germi, perché i germi li avremo sempre con noi e più li combattiamo direttamente più essi si fortificano e aggirano le nostre difese specifiche (vaccini), mentre se noi insegniamo ai genitori a fortificare le difese aspecifiche dei bambini (e anche le loro!) con un’adeguata igiene di vita alimentare, un adeguato riposo quotidiano, una sufficiente attività fisica e insegnando ai genitori a volersi bene per ridurre gli stress familiari e se operiamo tutti per avere una società che promuove e difende il lavoro come fonte di emancipazione e gratificazione dell’uomo e non come strumento di stress e di patologia, certamente i nostri figli si troveranno in condizioni ancora migliori e avranno un sistema immunitario sempre più capace di difenderli. Noi medici potremo allora, utilizzando gli innumerevoli strumenti di cui disponiamo oggi per riconoscere i bambini immunologicamente più deboli, somministrare su di essi i vaccini che riteniamo possano essere più utili, senza iniettarli tutti in blocco, ma personalizzandoli nel numero e nel tempo più opportuno per sfruttare al massimo i benefici che questi farmaci possono offrire. Infatti, come era riportato anche nel suddetto articolo del Prof. Penning, la letteratura scientifica indipendente è concorde sul fatto che i danni vaccinali sono tanto maggiori quanto più è piccolo il bambino e quanto maggiore è il numero dei vaccini che vengono somministrati insieme.
Pertanto, caro Direttore, il mio augurio finale è che, anche grazie alle pagine e ai dibattiti del Suo Giornale, il Trentino Alto Adige possa diventare esempio nazionale non solo di libertà vaccinale (ricordo che l’Europa sta avanzando in questa direzione e che 16 dei 29 Paesi europei non hanno alcun obbligo vaccinale, mentre lo hanno ancora, oltre all’Italia, altri 12 Paesi appartenenti prevalentemente all’Europa dell’Est), ma possa diventare anche esempio di una politica a difesa dei neonati per un sempre maggiore insegnamento ai giovani papà e mamma di come va nutrito e allevato oggi un bambino per farlo crescere veramente sano e protetto dalle sostanze chimiche che inquinano il nostro ambiente, dai conflitti che troppo spesso avvelenano i nostri animi e dagli squilibri immunitari che spesso conseguono ad un uso indiscriminato di farmaci.
Caro Direttore, chi Le scrive è un farmacologo che studia da 35 anni i farmaci e che si è accorto che i bambini meno trattati farmacologicamente e meno vaccinati, quando fin da piccoli sono molto amati e curati (finché è possibile) in modo naturale, sono più vigorosi e si ammalano molto meno di quelli vaccinati e abituati a prendere facilmente farmaci.