Per anni hanno rappresentato una valida alternativa agli zuccheri nelle bevande e nei dolci, ma una recente ricerca sembra minare la sicurezza dei dolcificanti artificiali, come aspartame, saccarina e acesulfame k.
Uno studio condotto da Jotham Suez, docente di immunologia presso il Wolfson Building for Biological Research (Israele), e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, ha messo in evidenza una correlazione tra l’abuso di alimenti contenenti dolcificanti (edulcoranti) e lo sviluppo della intolleranza al glucosio, elemento fondamentale per lo sviluppo del diabete mellito.
I dolcificanti artificiali sono largamente adoperati nell’industria alimentare, nonchè consigliati da molti medici e dietologi per il controllo del peso corporeo e della glicemia. Gli esseri umani sono naturalmente predisposti a preferire, tra gli altri, i sapori dolci e a evitare quelli amari. Si suppone che questa predisposizione fisiologica aiutasse i primi esseri umani a distinguere gli elementi di origine vegetale nutritivi e quelli nocivi. La sempre maggiore diffusione di cibi ricchi di zuccheri ha, tuttavia, causato una pari diffusione del diabete. I dolcificanti artificiali sono ingredienti con un potere dolcificante di gran lunga superiore allo zucchero, solitamente tra le 150 e le 600 volte superiore al saccarosio (normale zucchero da cucina); in più hanno un potere calorico trascurabile, contro le 4 Kcal per grammo di glucosio. Sono contenuti in bevande dolcificate o soft drink, snack, caramelle, gomme da masticare, yogurt, biscotti e spesso si è discusso sul fatto che siano dannosi per la salute, con risultati diversi e anche contrastanti. Il loro consumo è però sconsigliato da molte istituzioni scientifiche nei bambini sotto i tre anni, nelle donne in gravidanza e in allattamento.
Non è, infatti, la prima volta che numerosi studiosi puntano il dito contro i dolcificanti artificiali: da quando è stato introdotto sul mercato nel 1965, l’aspartame ha sempre suscitato pareri discordanti riguardo agli effetti nocivi sulla salute umana. In particolar modo, è il metabolismo della sostanza a creare preoccupazioni. Nel fegato, infatti, l’aspartame è scomposto nei suoi elementi principali: fenilalanina e acido aspartico (due amminoacidi) e metanolo, un alcool altamente tossico.
l metanolo, a sua volta, ha effetti simili all’etanolo (presente nelle bevande alcoliche) per i suoi effetti depressivi sul sistema nervoso, in più, a livello epatico è convertito ad acido formico, composto chimico che può causare acidosi metabolica, insufficienza epatica e potenzialmente la morte. Il metanolo è abbondantemente presente nel liquido antigelo, sostanza spesso ingerita a scopo suicida. Numerosi studi hanno confermato che le modeste quantità di aspartame contenute negli alimenti, non sono tali da rappresentare un pericolo per la salute. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi che confermino la sicurezza nell’uso prolungato di tali sostanze. In più, il miliardario business degli edulcoranti artificiali, lascia intendere che non sarà così facile riuscire a dimostrare quanto siano dannosi.
Lo studio
Questa volta lo studio israeliano, condotto prima su animali da laboratorio e successivamente sugli uomini, lascia poco spazio a dubbi.Il gruppo di Suez, infatti, ha nutrito dei topi aggiungendo saccarina o aspartame alla normale dieta scoprendo che i dolcificanti alteravano il metabolismo degli animali, facendo aumentare la glicemia a livelli significativi e determinando lo sviluppo di una condizione di intolleranza al glucosio definita “pre-diabete”. Negli uomini, così come nei topi, la capacità di digerire ed estrarre energia dagli alimenti è determinata non solo dal sistema gastrointestinale e gli enzimi digestivi, ma anche dall’attività dei miliardi di microrganismi che abitano il nostro intestino. Collettivamente questi batteri e funghi costituiscono il microbiota intestinale. Lo studio dimostra che gli edulcoranti artificiali selezionano una popolazione batterica che favorisce un maggior assorbimento calorico e una maggiore conversione degli zuccheri in grassi. A lungo andare, l’alterazione del microbiota intestinale favorisce una condizione clinica che in soggetti predisposti può provocare il diabete.
“La forza di questo studio – premette Antonio Gasbarrini, ordinario di Gastroenterologia al policlinico Gemelli di Roma e studioso del microbiota intestinale – è che ha dimostrato che i dolcificanti hanno modificato il microbiota intestinale e che questa modifica ha provocato aumento della glicemia. I dolcificanti, quindi, possono modulare il microbiota, come del resto gli alimenti. È ormai provato che il microbiota, un vero e proprio organo, scambia informazioni con il cervello, il fegato e il tessuto adiposo. È un nuovo attore, possiede tre milioni di geni, oltre mille specie di batteri diversi e ha una potentissima attività metabolica e immunologica. La maggior parte di questi batteri si trova nel colon e nell’intestino tenue ed è nutrita soltanto dalle fibre indigeribili che arrivano nel colon. La novità è che da qualche anno abbiamo la tecnologia adatta per individuare il microbiota mentre prima ne ignoravamo l’esistenza e stiamo a poco a poco scoprendo quanto sia coinvolto in molte patologie”.
Le recenti ricerche confermano sempre più che è l’alimentazione a selezionare la popolazione batterica intestinale: una dieta ricca di frutta, verdure e pesce, come la dieta mediterranea, seleziona un microbiota “buono”, tale da ridurre il rischio di carcinoma del colon-retto (terza causa di morte per neoplasie) e di malattie infiammatorie intestinali, come morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa.
Un’alimentazione ricca di grassi e proteine animali favorisce, invece, la crescita di un microbiota “cattivo”, che svolge un ruolo principale nello sviluppo di numerose malattie: allergie alimentari, diverticoliti, malattie infiammatorie intestinali, carenze nutrizionali (vitamine, acido folico, ferro e calcio in particolare), obesità, diabete e carcinoma del colon-retto.
L’importante è evitare allarmismi
Premette Enzo Bonora, presidente Società italiana diabetologia (SID):” questi studi sono importanti e sono stati pubblicati su una rivista prestigiosa ma prima di diventare una raccomandazione nutrizionale e di essere traslati nella pratica clinica bisognerà aspettare ulteriori conferme. La nostra società non ha mai raccomandato l’utilizzo di dolcificanti al posto dello zucchero perché piccole quantità sono permesse anche ai diabetici. E i risultati di questo studio confortano la nostra posizione”.
L’importante, quindi, è preferire una dieta variegata, come la mediterranea, con piccoli e frequenti pasti, associata a moderata attività fisica…. cercando di limitare l’uso di alimenti con dolcificanti artificiali.
Fonte: http://www.ilquotidianoitaliano.it/salute/2015/08/news/aspartame-allarme-diabete-186109.html/
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