I medici non fanno il vaccino antinfluenzale
Buoni consigli e cattivo esempio? Di certo, non c'è campagna di prevenzione che tenga se di mezzo ci sono i medici e i vaccini. «L'antinfluenzale? L'ultimo, lo ammetto, l'ho fatto 2 anni fa», dice Enrico Bartolini, presidente dell'Ordine dei medici di Genova.
«Ma sì, bisogna farlo, forse a frenare la popolazione sono le polemiche sui rischi dei vaccini, ma i medici dovrebbero essere particolarmente sensibili sul tema. Per questo i dati della Società Italiana di Igiene mi stupiscono». Ma tant'è, la ricerca diffusa ieri dall'istituto lascia pochi dubbi: a Genova «almeno 8 operatori sanitari su 10, pur se raccomandato, non si vaccinano contro l'influenza stagionale. In particolare a non farlo sono il 90 per cento degli infermieri e il 70 per cento dei medici». A denunciarlo è il presidente dell'istituto, Giancarlo Icardi. «In generale – spiega – attribuiamo i dati a una mancata percezione del rischio e poca conoscenza della materia, nonostante il lavoro che fanno. Ma pesa anche una scarsa etica professionale». I dati sono stati raccolti sul campo, con questionari e valutazioni, per tre stagioni consecutive dal 2011 al 2014, e «le percentuali genovesi sono indicative di quello che accade a livello nazionale». Un trend preoccupante, per chi, appunto, dovrebbe dare il buon esempio? «Sicuramente – commenta Angelo Canepa, segretario provinciale della Fimmg, sindacato dei medici di famiglia – Io mi vaccino da sempre. Parliamo tanto di campagne e prevenzione, e per coerenza i medici devono essere i primi a pensare al vaccino per loro e le loro famiglie». C'è un "ma": «Forse i meno sensibili sono i medici ospedalieri, che hanno meno occasione dei medici di famiglia di incrociare sindromi influenzali – aggiunge Canepa – Noi ci siamo a contatto ogni giorno, loro spesso vedono solo le complicanze. Ma attenzione la vaccinazione è tanto più importante per chi entra in contatto con centinaia, migliaia di persone al giorno: i medici, gli infermieri, ma come loro gli autisti degli autobus piuttosto che i cassieri al supermercato. Tutte categorie che possono essere vettori di influenza».
E infatti Icardi, dopo i dati, elenca i rischi che il fenomeno può comportare: non solo quelli organizzativi, legati al contagio di medici e infermieri che, «in caso di epidemia marcata, si assentano per malattia provocando danni organizzativi in
termini di mancata assistenza». Ma anche appunto i rischi per gli altri: «L'infermiere o il medico, mentre incubano l'influenza a contatto con malati spesso fragili per via di altre patologie, rischiano di diventare vettori del virus, mettendo a rischio la vita dei pazienti». C'è infine l'aspetto del buon esempio. «Se l'operatore sanitario non mette in pratica in prima persona, diventa anche meno convincente rispetto ai propri assistiti».
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