Inibitori di pompa protonica associati a demenza
Inibitori di pompa protonica associati a demenza
Il rischio cresce probabilmente per l'abbassamento dei livelli di vitamina B12
L'assunzione degli inibitori di pompa protonica (Ppi) è legata a un aumento del rischio di demenza. Lo ha stabilito uno studio pubblicato su Jama Neurology da un team del Centro per le malattie neurodegenerative di Bonn, in Germania.
La dott.ssa Britta Haenisch e i suoi colleghi hanno analizzato le prescrizioni dei farmaci effettuate fra il 2004 e il 2011.
Il campione era costituito da oltre 73mila persone, delle quali 2.950 sono state trattate con gli inibitori di pompa protonica, farmaci utilizzati per attenuare i sintomi del reflusso gastroesofageo.
In questo sottogruppo il rischio di demenza è salito del 44 per cento rispetto al gruppo di controllo. Gli autori dello studio avvertono che vi sono alcuni limiti nell'analisi presentata, in particolare riguardo ai dati di fattori indipendenti in grado di aumentare il rischio di demenza.
«In ogni caso, dato che il nostro studio dimostra solo un'associazione statistica tra uso di inibitori di pompa protonica e probabilità di sviluppare demenza, la presenza di un eventuale meccanismo biologico alla base di un possibile nesso causa-effetto dovrà essere esplorata da futuri studi prospettici e randomizzati svolti su casistiche sufficientemente ampie».
Anche una ricerca del Kaiser Permanente ha affrontato l'argomento. Stando a questa analisi, l'uso prolungato di farmaci per ridurre l'acidità di stomaco può comportare l'abbassamento dei livelli di vitamina B12, sostanza fondamentale per il corretto equilibrio del nostro sistema nervoso. Un suo deficit può provocare demenza, declino cognitivo e anemia.
I ricercatori hanno associato la mancanza della vitamina B12 con l'assunzione di medicinali per il bruciore di stomaco e per l'ulcera su un campione di quasi 26mila adulti, dei quali sono state analizzate le cartelle cliniche elettroniche. I dati sono stati poi messi a confronto con quelli di oltre 184mila pazienti che non avevano la stessa carenza di vitamina B12.
Lo studio, pubblicato sul Journal of the American Medical Association, dimostra che fra i 25.956 pazienti con deficit di vitamina B12 il 12 per cento aveva assunto gli inibitori di pompa protonica per almeno due anni, contro una percentuale del 7,2 relativa al gruppo di controllo.
Per quanto riguarda i farmaci antagonisti dei recettori H2 (H2RA), in qualsiasi dose giornaliera, le percentuali erano rispettivamente del 4,2 e del 3,2 nei due gruppi.
«I pazienti che hanno assunto farmaci Ppi per più di due anni hanno avuto un aumento del 65% del rischio di carenza di vitamina B12 – spiega il dott. Douglas A. Corley, gastroenterologo e ricercatore con il Kaiser Permanente Division of Research –. Dosi più elevate sono state associate a un rischio maggiore rispetto a dosi più basse. Le cartelle cliniche elettroniche del Kaiser Permanente ci hanno permesso di osservare ciò che accade nella pratica quotidiana con l’uso comune di questi farmaci».
Fonte: Jama